CORPO-AZIONE-COMUNICAZIONE-LINGUAGGIO. Dal disorientamento all’intenzionalità motoria e comunicativa nelle patologie complesse

CORPO-AZIONE-COMUNICAZIONE-LINGUAGGIO. Dal disorientamento all’intenzionalità motoria e comunicativa nelle patologie complesse

«Essere genitori, insegnanti, educatori e operatori sanitari di bambini o bambine con disabilità complessa rende necessaria una profonda riflessione sulla centralità dell’essere umano e sui punti di riferimento che lo aiutano a crescere, evolvere, vivere e comunicare. Con questo convegno vogliamo evidenziare l’importanza che la cura sia prima di tutto un atteggiamento fondamentale dell’esserci: essere coi nostri bambini e bambine. Curare l’individuo, infatti, è costruire, non riparare e la cura, nel senso più vero del termine, è una coltivazione dell’individualità nella relazione».

E’ stato presentato così, da AIAS di Milano Onlus, il convegno intitolato; “Corpo-Azione-Comunicazione-Linguaggio. Dal disorientamento all’intenzionalità motoria e comunicativa nelle patologie complesse”, che si è svolto sabato 13 novembre.

Durante la giornata si è stata presentata la metodologia c.m.i. ® della Dott.ssa Gava , psicologa e psicomotricista, che da anni collabora con AIAS di Milano Onlus come formatrice e supervisore, attraverso una visione filosofica, antropologica , neuroscientifica e clinica della riabilitazione coi bambini con disabilità complessa.

Gli interventi della mattinata hanno esplorato i concetti di risonanza emotiva, empatia e intersoggettività. Sono intervenuti  i ricercatori del CNR dell’Istituto di Neuroscienze di Parma Fausto Caruana, Pietro Avanzini e Maddalena Fabbri Destro parlando del meccanismo Mirror.

Se si osserva infatti qualcuno agire o comunicare per mezzo di espressioni emozionali, questa informazione non viene analizzata dal solo cervello visivo, ma va anche ad influenzare i nostri centri motori ed emozionali, una scoperta, questa, che ha contribuito a rompere gli argini del dualismo tra “noi e gli altri”, rivitalizzando l’idea che corpo, azione, comunicazione e linguaggio siano strettamente collegati tra loro e con chi è in relazione con noi, con il nostro ambiente e con le nostre esperienze. Sono state portate delle esperienze di ricerca importate dal meccanismo mirror e l’autismo che consolidano i concetti di empatia e di relazione come base per ogni riabilitazione. Nella sessione pomeridiana, invece, i relatori hanno illustrato le applicazioni dirette di come la cura – nel senso dell’atteggiamento dell’esserci con “quel bambino”, “sua mamma” “suo papà”, “il suo ambiente” – sia il precursore del cambiamento e della cura stessa.

La Dott.ssa Ninotti, direttore sanitario e neuropsichiatra di AIAS di Milano Onlus, ha evidenziato nel suo intervento come in questi ultimi anni si sta assistendo ad una pericolosa deriva biomedica nel campo della cura della disabilità complessa con un’enfasi eccessiva dell’esperienza oggettiva come ‘metro scientifico’ della validità e del successo della cura stessa. Ma cosa significa esperienza oggettiva nella cura?

Se gli obiettivi sono misurabili allora la cura è scientifica ed efficace. In quest’ottica la cura vuol dire e si esplicita nel riparare e la riabilitazione rischia di imboccare la strada di creare agenti addestrati sia come operatori sia come pazienti. Ma chi lavora concretamente con la disabilità complessa, grave e gravissima, ha imparato dalla propria esperienza soggettiva il valore imprescindibile della cura come relazione.

  • La relazione col paziente e con la sua famiglia.
  • La relazione tra colleghi.
  • La relazione con noi stessi fatta di precedenti esperienze soggettive con altri pazienti e colleghi.

Non si può essere nel mondo senza essere in relazione cioè connessi con sé stessi e con gli altri. E l’essere nell’esser-ci è la Cura.

I pazienti non si prendono in carico. Ci prendiamo cura dei pazienti all’interno di una relazione per costruire con loro e non solo per riparare che è un concetto puramente meccanicistico.

In questo senso, se davvero ci prendiamo cura, noi allora abbiamo cura.

Un concetto che è (o dovrebbe essere) un atteggiamento fondamentale dell’essere umano in quanto essere pensante, senziente e desiderante. Come in maniera metaforica racconta la favola latina di Iginio.

Cura sta attraversando un fiume e scorge del fango, lo raccoglie e gli dà forma.

Lo guarda e cerca di capire che cosa ha plasmato.

È lì che rimugina e arriva quel grande buontempone di Giove.

“Oh, Giove..” chiede Cura, “..Infondi un po’ di spirito a questa cosa?”

Giove si gonfia tutto di potere e regala lo spirito alla nuova creatura.

“Adesso gli do un nome” dice tutta contenta  Cura.

Giove si inalbera e replica che darà lui il nome perché le ha donato lo spirito.

E trac, salta fuori la Terra che vuole pure lei dare un nome a questo essere visto che la materia di cui è fatto è il fango.

I tre –Cura, Giove e Terra- incominciano a litigare.

Allora Saturno, dio del Tempo, decide di intervenire in quella bagarre. Si autoproclama giudice supremo e stabilisce: “Ragazzi, facciamo così: Giove, tu che hai dato lo spirito a questa roba, al momento della morte riavrai lo spirito; Terra, tu che hai fornito il corpo, riceverai alla morte del coso il corpo”.

Poi si rivolge a Cura che tiene ancora in mano l’esserino di fango che si muove.

“Tu per prima hai dato forma a questo essere, finchè sarà vivo, lo possiederai tu.”

E così nacque l’uomo.

Relatori del convegno : O. Ninotti (NPI e psicoterapeuta); M.L. Gava (psicologa e psicomotricista); F. Caruana, P. Avanzini, M. Fabbri Destro (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Neuroscienze – Parma); E. Caterino (NPI), L. Billeci, A. Tonacci (Consiglio Nazionale delle ricerche, Istituto di Fisiologia Clinica – Pisa); S. Bargagna (NPI); M. Landi (NPI); L. Barcella (NPI); S. Mangione (logopedista); G. Bobone (educatrice); V. Pinelli (NPI); S. Baratelli; M. Ballabio (logopedista); C. Cremonini (TNPEE); G. Bellini (Direttrice Anffas Imperia); E. Borgogni (logopedista)

Moderatrici del convegno : P. Liberace (giornalista), S. Baratelli (NPI e psicoterapeuta)

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