ALLA SCOPERTA DI SE’ STESSI

ALLA SCOPERTA DI SE’ STESSI

Quando il lavoro sulla didattica da solo non permette più di crescere e di esplorare sé stessi, ecco che arriva il bisogno di aprirsi ad altri orizzonti. Ma come capire quale direzione prendere per un progetto educativo, se non si riconosce un interesse particolare che possa aiutare il nostro educando nel suo percorso di crescita? È molto semplice, in realtà: si parte dall’orientamento!

Orientarsi ha a che fare con la scoperta di sé. Può sembrare un processo banale, ma richiede una messa in discussione profonda, un’analisi dei propri bisogni e una spinta motivazionale a inseguire le proprie passioni con impegno e dedizione.

Così è avvenuto per Anna, una ragazza di 16 anni, molto brava e metodica nello studio, ma poco consapevole delle proprie risorse e potenzialità al di fuori dell’ambito scolastico.

È nella natura umana nutrire poco interesse nei confronti delle cose che non si conosce e Anna, avendo esplorato poche attività nel corso della sua vita – anche a causa delle numerose terapie che ha dovuto seguire con costanza – si rifugiava nello scarso interesse per altri tipi di attività per rimanere in un luogo sicuro, che la proteggesse da rischiose messe in discussione. Tutti noi, infatti, tendiamo all’omeostasi, precludendoci, però, tutta quella zona di sviluppo prossimale a cui possiamo accedere solo esponendoci a qualcosa che vada a modificare il nostro stato di quiete.

Così, abbiamo costruito insieme ad Anna un progetto che le permettesse di evolvere, soprattutto nelle aree per lei più importanti, come lo svago, l’autonomia e la relazionalità. Abbiamo cominciato ad analizzare i gusti di Anna con la lentezza giusta a permetterle di allontanarsi con calma dalla sua zona di comfort senza spaventarsi o farsi male, come si fa con i bambini, che hanno bisogno di una mano adulta per iniziare a reggersi sulle proprie gambe. Così, ci siamo avvicinate alla musica, passione ereditata dal padre. Dai pomeriggi passati a studiare i testi delle canzoni con la scusa di approfondire l’inglese, siamo arrivate a una richiesta spontanea di pause in cui si potesse cantare. L’inglese inizia a divenire per Anna un veicolo per comunicare e la musica un mezzo per esprimere sé stessa, permettendole di aprirsi a nuove possibilità. Così, insieme, abbiamo esplorato anche il teatro e la danza e abbiamo pensato di estendere il nostro raggio di azione anche a degli sport, che le permettessero di sperimentare il proprio corpo in modo diverso e di confrontarsi con altri ragazzi della sua età.

Abbiamo, quindi, intessuto un progetto su misura, partendo da una domanda semplice, ma difficile: “chi è Anna?”. Esplorando le sue risorse e i suoi limiti, ci siamo avventurate nei suoi sogni, nelle sue ambizioni e ci siamo mosse attraverso le sue paure. La paura di provare qualcosa di nuovo, la paura di non sapere come avvicinarsi ai pari per stringere delle amicizie, la paura di esprimere quello che si sente.

Abbiamo iniziato, così, un lavoro sul libro del “Piccolo principe” di Antoine De Saint-Exupery: l’amicizia instaurata giorno per giorno alla stessa ora tra la volpe e il piccolo principe, gli adulti che si adoperano a costruire castelli inutili quando “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Ecco, forse per Anna, l’essenziale consiste proprio nell’avvicinarsi a sé stessa, trovando un suo spazio in un mondo costruito per persone che hanno meno difficoltà a orientarsi nel suo funzionamento, ma per le quali è più difficile accedere alla sua vera essenza. 

Ed ecco un brainstorming, in cui abbiamo raccolto idee, esplorato attività e interessi: la danza, la moda, la pallavolo, il teatro, l’atletica, i concerti… Così, partendo da un pomeriggio di salti da un tappeto elastico all’altro dello Zerogravity, correndo poi per il parco, ci siamo orientate per Milano e godute, finalmente, il musical del Piccolo Principe al teatro Repower. Ho accompagnato Anna a una lezione di prova di hip hop, ascoltato la sua ambivalenza dopo la lezione di teatro, ho raccolto le sue battute di pallavolo, rilanciandole la fiducia in questa sua evoluzione.

Anna, adesso, non vede l’ora di trovare uno sport che la possa aiutare a socializzare e ha capito che la pallavolo la appassiona. È in questo modo che ci siamo avvicinate a Playmore, una bellissima realtà nel pieno centro milanese, che offre percorsi sportivi aperti veramente a tutti. Anna ha partecipato a una bellissima lezione di beach volley con altri ragazzi con diversi tipi di disabilità. L’atmosfera che si respirava a Playmore era meravigliosa! Gli allenatori sono molto attenti sia alla singola persona, sia alla sua inclusione nel gruppo. Anna ha potuto inserirsi in una bella squadra ed essere seguita da tre istruttrici diverse. Da educatrice, ho potuto apprezzare il progetto e rallegrarmi per aver trovato una realtà in cui le persone con delle difficoltà in più, come disabilità, difficoltà economiche o storie di migrazione potessero sentirsi a casa e incontrare amici con esperienze simili alle loro.

Per quanto l’anno scolastico sia finito, questo progetto non è ancora terminato: ci saluteremo con la tanto attesa lezione di canto, sfrutteremo i parchi d’estate per provare altri tipi di sport e useremo la scusa di esercitarci con il denaro per gustarci un bel gelato al sole di giugno. Già da ora, io vedo un’Anna diversa, più spensierata e sicura di sé. Perché “fin quando non ci si è impegnati c’è esitazione, c’è la possibilità di tirarsi indietro […] Qualunque cosa tu possa fare o sognare di fare, cominciala. Il coraggio ha in sé genio, potere e magia. Cominciala subito”. (J.W. Goethe).

Chiara Soligo – Educatrice domiciliare AIAS ETS Milano

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