
Pubblichiamo il paragrafo conclusivo del capitolo scritto dal dott. Jimmy Ciliberto – psicologo e psicoterapeuta dello staff AIAS di Milano Onlus – contenuto all’interno del volume “Famiglie d’oggi” a cura di Laura Fruggeri ed edito da Carocci.
Il testo affronta una riflessione sulla specificità delle sfide e delle risorse delle famiglie contemporanee, nella loro eterogeneità ed unicità, ed un capitolo è dedicato proprio al tema delle “famiglie con disabilità”.
Sostenere le famiglie con disabilità
Negli ultimi due decenni le politiche sociali e gli interventi riabilitativi hanno creato nuove opportunità per le persone con disabilità, fisiche e/o intellettive. Luoghi di ritrovo, scuole, località di vacanza, mezzi di trasporto sono diventati sempre più accessibili, e le tecniche riabilitative sempre più capaci di intervenire sugli aspetti disfunzionali causati dalle patologie più varie. Nonostante ci siano ancora differenze significative tra contesti diversi, e le leggi promulgate per garantire equità di opportunità per tutte le persone non siano sempre applicate, i processi di integrazione delle persone disabili hanno avuto una indubbia accelerazione.
Nel corso del capitolo, però, si è evidenziato più volte che una condizione di disabilità non è qualcosa di meramente individuale, ma una differenza significativa che interpella tutti i sistemi all’interno dei quali si manifesta, i quali dovranno necessariamente riorganizzarsi per far fronte a nuovi e inattesi compiti. Come si è visto, l’incontro con la disabilità rimette in discussione le identità dei familiari e gli individui si interrogano rispetto alle proprie idee relative all’essere genitore, figlio/a, fratello/sorella, compagno/a, professionista. Questo processo prende forma su una dimensione cognitiva, ma anche emotiva e comportamentale, e agisce a livello individuale, interpersonale e sociale.
Sarebbe scorretto dire che, nelle pratiche sociosanitarie attuali, i sistemi familiari non vengono presi in carico, ma la riflessione offerta in questo capitolo intende portare all’attenzione del lettore l’importanza del modo in cui questo avviene. Le famiglie vengono ancora prese in carico, troppo spesso, nel momento dell’urgenza, quando la persona disabile mette in atto comportamenti problematici non spiegabili, quando emergono evidenti fatiche a livello familiare, oppure quando un determinato modello di intervento riabilitativo comporta un addestramento dei familiari. Seguendo un approccio sistemico e multiprocessuale, la riflessione proposta nel presente capitolo mira a offrire al lettore una prospettiva dialogica che faccia diventare la creazione di contesti di ascolto delle famiglie un obiettivo imprescindibile nel lavoro con le disabilità. È di primaria importanza che i professionisti che lavorano con famiglie con disabilità, a prescindere dalla specificità della propria disciplina, abbiano in mente l’impatto che un’esperienza di questo genere ha sulla vita delle persone, siano esse quelle direttamente colpite o quelle che appartengono al nucleo familiare del disabile. La diagnosi di una disabilità irrompe nella vita delle persone con il suo carattere inatteso, le costringe a una riorganizzazione logistica che spesso non tiene conto dei tempi di cui avrebbero bisogno, e le pone di fronte a scelte che rimettono in discussione le premesse e le aspettative presenti fino a quel momento. Le diverse condizioni di disabilità, la quantità e la disponibilità di risorse – a livello cognitivo, emotivo, affettivo, sociosanitario, economico – e le storie personali concorrono alla complessità e alla eterogeneità delle situazioni. È dunque fondamentale creare contesti in cui questi aspetti possano essere ascoltati ed esplorati, al fine di favorire interventi che tengano conto dei tempi, delle fatiche, dei bisogni e delle risorse dei sistemi, nella loro interezza e nella specificità dei singoli membri. In assenza di questa possibilità, si continuerà a offrire interventi capaci di agire sulla menomazione del singolo, ma non in grado di prevenire e/o intervenire su quelle problematiche che chi lavora ogni giorno con le disabilità incontra: sentimenti di colpa e vergogna, conflittualità, isolamento sociale, solo per fare alcuni esempi. I membri delle famiglie con disabilità tendono a interiorizzare la premessa sociale della naturalità del sacrificio, e sono disposte a sacrificare parti importanti di sé per favorire il supporto del familiare disabile: di fronte a tale dinamica, è di imprescindibile importanza che l’operatore autorizzi il familiare a prendersi il diritto a non immolarsi. La cura e l’assistenza del disabile non possono essere garantite a scapito del benessere del caregiver, che sarà tanto più presente quanto più si sentirà accolto anche nelle proprie esigenze.
Le scienze mediche, psicologiche e sociali descriveranno con sempre maggior precisione gli aspetti caratterizzanti le diverse condizioni di disabilità, e la conoscenza di tali mappe è fondamentale. Tuttavia, non saranno mai in grado di prevedere le specificità che nascono dall’incontro tra esseri umani, e che potranno emergere solamente all’interno di contesti di ascolto in cui i membri delle famiglie hanno la possibilità di manifestarsi da migliori esperti della propria esistenza, quali sono. Gli operatori, nel far riferimento ai propri modelli teorici e alla propria esperienza, a volte credono di sapere che cosa i propri pazienti e i loro familiari pensino e sentano, senza ascoltarli realmente; offrono loro i più svariati interventi, ma a partire da ciò che essi credono sia più funzionale. Partono dalla propria storia, dalle proprie premesse, dalle proprie fatiche, dalle proprie competenze, anziché partire dalle storie, dalle premesse, dalle competenze e dalle fatiche dell’altro, per cocostruire un’offerta di aiuto adeguata.
a cura di
Dott. Jimmy Ciliberto
Psicologo e psicoterapeuta AIAS di Milano Onlus
Testo tratto da
Fruggeri, L. (a cura di), “Famiglie d’oggi. Quotidianità, dinamiche e processi psicosociali.”, ed. Carocci, Roma, 2018
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